Gironi Divini si chiude con i vini “underground”

PESCARA – Chiusura molto interessante per la rassegna “Gironi Divini”, che ieri al ristorante Bacone di Pescara ha messo in tavola oltre 20 vini “underground”, ossia gioielli enoici di piccole cantine che fanno una proposta diversa in termini di produzione e qualità, per offrire un’alternativa al consumatore che non vada necessariamente nella direzione della Doc, inseguendo piuttosto un ideale estetico e di gusto tutto particolare. I risultati sono assolutamente da descrivere. Da provare il gustoso Moby Dick Controvento dell’Azienda Agricola Di Meo.

Menzione d’onore per il Pilatum dell’azienda agricola Ciccone di Bisenti, che propone uno spumante bianco Dop metodo classico decisamente al top (e che oltretutto è Presidio Slow Food). Vincente e riuscita la scommessa di puntare sul Montonico, vitigno autoctono a bacca bianca di origine antichissima e che da alcuni anni sta vivendo una nuova primavera: pressoché abbandonato a causa della sua difficoltà di coltivazione, che poteva portare anche a importanti sbalzi di acidità se non gestita adeguatamente, è allo stato attuale uno dei bianchi abruzzesi più interessanti, che si sposa appieno con le bollicine.

Il Trebbiano 2019 Gira di Emilio Rapino ha molte note di gelsomino e cerino, ed è prodotto con uve Trebbiano abruzzese da una vigna a tendone nelle colline del comune di Francavilla al Mare. L’impianto segue un tipo di agricoltura convenzionale. Il vitigno è stato creato negli anni ’90. Proseguendo il nostro viaggio nei trebbiani, va detto che il Rabottini del 2018 presenta una macerazione a freddo del pigiato: il territorio valorizza il Trebbiano e gli dà qualcosa, e forse anche per questo stiamo diventando una regione “bianchissima”, poiché abbiamo sempre qualcosa da dire.

Il Trebbiano 2020 Ausonia San Pietro ha una sua riconoscibilità al naso: ci viene spiegato che quella di tre anni fa è stata “la prima annata che abbiamo fatto, con un vino che affina in botte grande”. C’è poi da non dimenticare il Parò dell’azienda agricola Candeloro di Vittorito, un bianco da tavola del 2021 con una gradazione del 12% che risulta gradevole.

Il McCalin di Martinsicuro presenta un vino bianco con un uvaggio di Trebbiano e Passerina e una gradazione del 12% da una vigna impiantata nel 1956. La raccolta per ettaro è bassissima, con appena 2 ettari di terreno. Per quanto riguarda la cantina Lammidia, i produttori ci spiegano: “Abbiamo iniziato nel 2010 facendo vino da appassionati. Il vitigino è stato piantato nel 2015 a Villa Celiera. Il vino viene fermentato in acciaio”.

L’azienda Caprera di Pietranico, invece, è alla sua seconda vinificazione. La vigna sta ancora andando in produzione. Propone un Pecorino pregevole. Stesso discorso per il “Ruggito” di Buzzarone, Pecorino d’Abruzzo Doc superiore biologico di tutto rispetto. Il Cerasuolo d’Abruzzo ‘Le Cince’ De Fermo del 2022 è energico e sapido. Quest’anno, d’altronde, il Cerasuolo è particolarmente carico, e un Cerasuolo deve avere un’immagine riconoscibile. Non bisogna poi sottovalutare l’importanza anche del colore. Citiamo altresì Bice Coletti, classe 1980 e 4 ettari impiantati a Ofena per un vino semplicemente buono.

Con Lorenza ed Enzo Ludovico della Cantina Ludovico di Vittorito ci confrontiamo invece sul fatto che la provincia dell’Aquila può vinificare con successo solo in determinate aree (a cominciare appunto dalla Valle Peligna), e se ogni zona deve riuscire a interpretare il territorio si capisce bene quanto sia importante realizzare qualcosa che colpisca il consumatore. Il Cerasuolo Doc Suffonte del 2021, con una gradazione del 13,5%, va senza dubbio a segno. Rimanendo in zona, anche il rosato dell’Agricola Estroversa di Pratola Peligna è un vino stimolante, con una moderata personalità, “declassato spontaneamente” a conferma del fatto che a ‘Gironi Divini’ sono andati in scena tutti vini agricoli pieni di dignità e, soprattutto, coraggio. D’altronde, come fa notare qualcuno, “Non possiamo ricordarci di essere produttori solo quando abbiamo da lamentarci. Dobbiamo migliorare”.

Soddisfatto Franco Santini, referente tecnico dell’iniziativa: “Abbiamo potuto degustare la versione un po’ più sconosciuta del mondo abruzzese: piccolissimi produttori artigianali e che rappresentano un altro lato del mondo del vino d’Abruzzo che va oltre quello delle etichette più conosciute e blasonate. Si tratta di un movimento spesso giovane, under 30 e under 40, che produce vini molto particolari. L’obiettivo è stato di cercare di capire se questi vini rappresentino una nuova tendenza nel modo di fare vino in Abruzzo”. La risposta è assolutamente sì, con bianchi e rossi che sono oggi la faccia giovane e “alternativa” del nostro vino.

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Autore dell'articolo: Redazione