A Pescara il convegno “Il gusto amaro in cucina: cibo e cultura identitaria”

PESCARA – Il 6 maggio a Pescara l‘Unione regionale Cuochi Abruzzesi ha inaugurato un nuovo progetto: cucinare con conoscenza, attraverso il suo Centro Studi Gastronomici Abruzzesi ha organizzato un seminario dal titolo evocativo “Il gusto amaro in cucina: cibo e cultura identitari“. L’evento ha offerto un’immersione nella complessità della cucina, tessendo legami con la cultura, la storia, la sociologia, l’antropologia e la scienza, intraprendendo un viaggio di approfondimento del gusto che trascende la semplice percezione sensoriale. Il gusto amaro, spesso trascurato o sottovalutato, emerge come protagonista di un’esplorazione che tocca le corde più profonde della nostra cultura. L’amaro non è solo una questione di palato, ma in primo luogo è un elemento culturale e sociale, un simbolo di maturità e raffinatezza. In questo contesto, il gusto amaro diventa metafora di un sapere che matura con il tempo e si affina attraverso l’esperienza, e di come, nel lavoro di un cuoco, l’amaro rappresenta la sfida di bilanciare e integrare sapori complessi, spesso disprezzati, elevando l’arte culinaria a nuove vette di eccellenza.

Lorenzo Pace, Presidente dell’URCA, ha introdotto il dibattito evidenziando la riscoperta dell’amaro come chiave per una cucina del futuro incentrata sui vegetali, nonchè interprete dell’evoluzione dell’alta cucina che funge da precursore di nuovi contesti culturali e da modello per le giovani generazione di cuochi. Giovanni Tavano, antropologo del gusto, ha guidato i partecipanti in un viaggio attraverso la storia dei sapori alimentari, invitando a considerazioni che superano i cinque gusti fondamentali. Angelo Monticelli. segretario dell’URCA, ha poi condiviso come n gusto amaro sia profondamente radicato nell’eredità gastronomica abruzzese, evidenziando i legami con la cultura e i rimedi salutari tramandati nel tempo.

Davide Cordoni, tecnologo alimentare, ha evidenziato la preferenza dell’industria alimentare per i sapori dolci, più graditi e conservabili, sottolineando che le pratiche industriali demarizzanti, pur efficaci, possono essere poco salutari. Candido Calabrese, ricercatore storico e letterario, ha intrapreso un viaggio esplorativo nell’intersezione tra gusto e letteratura, con un particolare focus sulla terminologia dialettale, attraverso l’analisi delle opere di alcuni tra i più eminenti cuochi  scrittori abruzzesi del passato.

Leonardo Seghetti, gastronomo e tecnologo alimentare, ha discusso l’importanza del gusto amaro sia come elemento costitutivo che di neoformazione nella gastronomia moderna, valorizzando il ruolo dei cuochi nell’elevare i sapori attraverso la conoscenza. Adriana Gandolfi, etnografa, ha esplorato il concetto di amaro apotropaico, collegandolo a superstizioni e simbolismi legati alle erbe amare.

L’agronomo e cultore del cibo tradizionale Gino Primavera, ha parlato dell’amaro nei cibi e nelle bevande, sottolineando le sue funzionalità depurative e digestive, radicate nelle antiche pratiche abruzzesi. Lo chef Andrea Di Felice, ha celebrato il “buon amaro”, che stimola l’appetito e gioca un ruolo chiave nella riattivazione delle papille gustative durante un pasto. Infine Lia Giancristofaro, sociologa, ha parlato della rivitalizzazione del gusto amaro e del suo ruolo nella riscoperta delle radici culinarie, proiettandole verso un futuro più consapevole attraverso pratiche come il foraging.

Questo incontro ha rafforzato il ruolo della cucina come linguaggio universale, un ponte tra culture e generazioni, che trasforma gli ingredienti in emozioni, evidenziando come il Centro Studi Gastronomici Abruzzesi si impegni a esplorare il mondo culinario con occhi curiosi e a condividere la ricchezza della cultura gastronomica abruzzese. Attraverso i suoi dialoghi e ricerche, l’Unione Regionale Cuochi Abruzzesi sta plasmando il futuro dei cuochi, arricchendo le loro competenze e ispirando una nuova generazione di talenti.

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Autore dell'articolo: Redazione